Martedì scorso il Senato statunitense ha approvato verbalmente la controversa legge che permetterà alle famiglie delle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001, di promuovere azioni di risarcimento danni all’Arabia Saudita per i presunti legami con i terroristi.
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Questa norma, osteggiata con forza dal governo americano e dallo stesso presidente Barack Obama, non solo renderebbe imputabili gli Stati Uniti in un procedimento intentato da un governo straniero, ma potrebbe anche rompere definitivamente i rapporti tra i due Paesi, alleati da tempo.
I sauditi, infatti, negano ogni responsabilità collegata agli attacchi del 2001 e, oltre ad opporsi fermamente al disegno di legge, attraverso le parole del ministro degli Esteri Adel al-Jubeir, hanno minacciato una rappresaglia economica, pari a ben 750 miliardi di investimenti.
Ora la legge – promossa dal repubblicano John Cornyn e dal collega democratico Chuck Schumer – passa alla Camera per l’approvazione definitiva. Per i promotori, la possibile entrata in vigore, significherebbe che gli Stati Uniti “combatteranno davvero il terrorismo con ogni mezzo disponibile” e che “le famiglie delle vittime degli attacchi dell’11 settembre potranno ottenere un po’ di giustizia”.
“Qualsiasi governo straniero che aiuta i terroristi che colpiscono gli Stati Uniti dovrà pagarne le conseguenze”, ha aggiunto il senatore Schumer.
Entro il mese di giugno l’amministrazione Obama è chiamata anche a pronunciarsi sulla pubblicazione di un dossier del Congresso americano relativo agli attacchi del 2001, che proverebbe un legame fra l’Arabia Saudita e gli attentatori.
La pubblicazione della relazione di 28 pagine, chiesta a gran voce dai parenti delle vittime dell’11 settembre, permetterebbe di fare luce su cosa sia realmente successo quindici anni fa.