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I sauditi aprono a Goldman Sachs per provare a rilanciare l’economia

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L’Arabia Saudita ha aperto definitivamente le porte ai grandi investitori internazionali, con un occhio di riguardo verso Goldman Sachs. È stata la crisi economica che ha colpito la petromonarchia per eccellenza da ormai tre anni a spingere verso un’apertura ai grandi istituti di credito occidentali.

L’austerity saudita 

Sono infatti più di due anni che l’Arabia Saudita ha imposto la tristemente nota austerity all’interno dei suoi confini, complice il bassissimo andamento del prezzo del petrolio (ormai fisso sotto i 50$ a barile). Questo, insieme ai dispendiosi e infruttuosi interventi militari nella Regione ha distrutto il settore pubblico saudita. Il governo di Riyad ha registrato tagli ai salari fino al 60% rispetto ai livelli pre crisi. Decurtazioni che non hanno escluso nemmeno gli stessi ministri, con paghe ridotte del 15-20%. Una situazione esplosiva che potrebbe riaccendere i fervori di protesta di quel lontano 2011.

Un programma di ripresa per il 2030

Così il Regno saudita ha deciso di correre ai ripari e ha lanciato un programma di ripresa chiamato Vision 2030. Un programma molto ambizioso che impegna il regno a rispettare ben 24 obiettivi proprio entro il 2030. Tra questi saltano all’occhio quelli sotto il nome di “Open for business”. Secondo questi l’Arabia Saudita si impegna a “aumentare i contributi del settore privato dal 40% del GDP al 65%, a entrare nella Top 10 dei Paesi nell’Indice Globale della Competitività e ad aumentare gli investimenti stranieri diretti dall’attuale 3.8% al 5.7% del GDP”. L’opportunità è stata subito captata dai colossi della finanza americana e occidentale in generale.

Le mani di Goldman Sachs su Riyad

Su tutti Goldman Sachs pare essere l’istituto più attivo a Riyad. A fine agosto la banca d’affari americana guidata da Lloyd Blankfein ha ottenuto il benestare del regno saudita per le operazioni di compravendita dei titoli azionari emessi sotto la Saudi Capital Market Authority, l’istituto che regola il mercato finanziario saudita, come riportava la Reuters.

Parallelamente a questo Riyad avrebbe anche deciso di portare in borsa Aramco, la compagnia nazionale saudita di idrocarburi e anche la più grande compagnia petrolifera del mondo. L’IPO, ovvero l’Initial Public Offering (offerta pubblica iniziale), di Aramco è prevista per il 2018. Tuttavia nel frattempo Goldman Sachs si è già portata avanti acquisendo una quota della struttura di credito della compagnia, avvantaggiando così l’istituto di Wall Street per l’acquisizione di un suo pacchetto importante.

Il legame tra Kushner e Goldman Sachs

Il trattamento di favore riservato alla banca d’affari americana potrebbe essere frutto di un legame tra il mondo politico e lo stesso istituto. Il New York Times aveva infatti riportato come Jared Kushner avesse personalmente guidato l’operazione che condusse gli Stati Uniti alla vendita di 110 miliardi in armi al Regno saudita. Ora Kushner potrebbe aver sfruttato la sua posizione privilegiata con Casa Saud per aiutare un “amico di famiglia”.

Sempre il New York Times nel lontano 2013 rivelava come al matrimonio del figlio di Lloyd Blankfein (CEO di Goldman Sachs) fossero presenti proprio alcuni esponenti della famiglia Kushner, tra cui Charles, fratello di Jared, che il New York Times rivela essere stato compagno di stanza dello stesso Blankfein durante il periodo di studio ad Harvard. Un’amicizia di famiglia che potrebbe aver portato proprio ora i suoi frutti. Come riportava poi Business Insider, Kushner non ha mai nascosto i suoi legami con la nota banca d’affari. Insieme a Goldman Sachs entrano a Riyad anche altri colossi come Citigroup, Credit Suisse, Blackrock, HSBC e Ashmore Group. Perso il Qatar e la partita siriana, l’Arabia Saudita si vuole così rilanciare con il supporto del mondo finanziario americano per un’economia non più dipendente dal petrolio. 

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